
La prescrizione nei casi di malasanità: tempistiche e casistiche
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La prescrizione nei casi di malasanità : cosa è
La prescrizione si riferisce tempo che si ha a disposizione per far valere in giudizio i propri diritti nei casi di malasanità.
Una volta scaduti i termini fissati dalla legge, il diritto è prescritto e nulle le proprie pretese risarcitorie.
Per capire i termini di prescrizione bisogna far riferimento alla natura contrattuale o a quella extracontrattuale della responsabilità medica o dell’ospedale.
Il termine di prescrizione è di 10 anni, ai sensi dell’art. 2946 c.c. per la responsabilità contrattuale
5 anni, invece, per la responsabilità extracontrattuale.
Il diritto ad agire in giudizio in sede civile si estingue entro 10 anni,
al fine di farsi riconoscere il risarcimento del danno patito.
Qual è il momento in cui far decorrere il termine della prescrizione
Una questione più controversa è quella che riguarda il momento dal quale far decorrere il termine decennale di prescrizione malasanità.
Casi speciali: le malattie lungolatenti
La questione è rilevante soprattutto per le c.d. malattie lungolatenti,
ossia quelle malattie per le quali tra l’evento patogeno causativo della malattia e la manifestazione della stessa può trascorrervi un lungo lasso temporale.
Si tratta in particolare della situazione in cui viene a trovarsi, ad esempio, chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di terzi.
Sono noti i casi in cui furono eseguite delle emotrasfusioni infette, in seguito alle quali i pazienti contraevano malattie come Epatiti e HIV,
ma delle quali venivano a conoscenza solo a distanza di decenni e magari senza che quello specifico virus fosse ancora conosciuto nella comunità scientifica.
A riguardo esistono due diverse tesi:
- il termine di prescrizione decorre dal compimento dell’atto lesivo da parte del professionista,
e quindi da quando il medico ha compiuto un errore nello svolgimento del suo lavoro;
- oppure la decorrenza della prescrizione si ha dal momento in cui il paziente poteva avere consapevolezza del danno subito.
Tuttavia ad oggi sembra essersi affermato un diverso orientamento che attribuisce rilevanza al momento della manifestazione all’esterno del danno, e non al compimento dell’errore medico.
Sentenza delle Sezioni Unite dell’11 gennaio 2008, n. 576
Storica la sentenza delle Sezioni Unite dell’11 gennaio 2008, n. 576, che si è occupata della complessa questione riguardante le trasfusioni di sangue infetto e
il momento dal quale farvi decorrere il termine.
Con questa sentenza la Corte va ad affrontare il tema della responsabilità del Ministero della salute in casi di malasanità,
e secondo la stessa sentenza di cui si parla questa è identificabile come responsabilità extracontrattuale, che si prescrive quindi in 5 anni.
La seconda tesi, oggi rappresenta l’orientamento maggioritario della giurisprudenza e anche maggiormente favorevole alla vittima di malasanità, in quanto allunga, anche notevolmente, i termini entro i quali è possibile agire in giudizio.
Secondo tale orientamento, il termine di prescrizione decorrerebbe dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, diventando quindi oggettivamente percepibile da chi ha interesse a farlo valere.
È quindi la sua mancata esteriorizzazione ad impedire il decorrere della prescrizione.
Cosa dice la Cassazione
In particolare la giurisprudenza della Cassazione fa leva su una diversa e moderna interpretazione della lettura combinata dell’art. 2947 c.c.,
il quale afferma che il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui “il fatto si è verificato”;
e dell’art. 2935 c.c., il quale prevede che:
la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Questo orientamento vede una diversa lettura dell’espressione “verificarsi del danno”,
affermando che il danno si manifesta all’esterno quando diviene oggettivamente percepibile e conoscibile;
e che nei casi in cui vi sia una responsabilità medica il decorrere del termine avviene non già da quando il paziente si accorge di “stare male”,
ma occorre che questo si trovi anche nella condizione di valutare e capire appieno la gravità delle conseguenze lesive alla sua salute e
che il danno sia divenuto “oggettivamente percepibile e riconoscibile”.
Conclusioni
Per concludere, si può quindi affermare che la prescrizione dell’azione di risarcimento dei danni causati dalla responsabilità medica si prescriva in 10 anni, in quanto contrattuale
(salvo i casi in cui è ascrivibile alla responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute); e
che la decorrenza del termine si abbia, in particolare per le malattie c.d. lungolatenti, dal momento in cui il soggetto leso dalla malasanità abbia acquisito conoscenza della causalità dell’evento dannoso al comportamento colposo di un determinato soggetto.